Quando mangiare è social…e low cost

Per qualcuno, è un’alternativa low cost al “solito” ristorante. Per altri, una versione gourmet e rigorosamente 2.0 del classico appuntamento al buio. Quello che è certo, è che il “social eating” è la moda perfetta per chi ama sperimentare, non ha difficoltà a socializzare con sconosciuti, e non disdegna un pizzico di avventura.

Innanzitutto, dimenticate il concetto di ristorante. Gli appuntamenti di social eating si svolgono in location insolite e sempre diverse, che spaziano dal club privato all’appartamento dello chef. L’indirizzo, spesso, è comunicato all’ultimo momento, per conferire a tutta la faccenda un piccolo alone di mistero.

sfida chefCi si iscrive on line, su piattaforme come GnammoPloongeNewGusto, o Le Cesarine – tanto per citare, tra le molte che sono spuntate come funghi negli ultimi tempi, quelle di maggior successo – o semplicemente facendo una ricerca con chiavi come “hidden kitchen” o “secret restaurants”.

Con poche mosse si scelgono la città, la data dell’appuntamento e, in alcuni casi, il menu dettagliato. Una volta ricevuta la conferma via email, non resta che presentarsi nel giorno e all’ora convenuti nel luogo indicato: l’esperimento può cominciare. Quanto ai prezzi, variano a seconda delle pietanze e della qualifica dello chef, che può essere un professionista così come un semplice appassionato di fornelli: in ogni caso, anche per appuntamenti di livello più “elevato”, saranno sicuramente inferiori di quelli sostenuti per una normale “cena fuori”.

C’è da dire che, come ogni fenomeno nato in rete, il social eating si sta evolvendo alla velocità della luce. Nuove formule stanno nascendo, sempre più originali e pensate alle esigenze di chi, pur disponendo di tempi e budget limitati, non vuole rinunciare al piacere della buona tavola in compagnia. A chi mangia spesso fuori casa per lavoro o per studio, per esempio, è dedicata Peoplecooks, che permette di consumare un pasto completo (primo, secondo, un frutto e acqua) a soli 6 euro, rintracciando un “cooker”, ovvero qualcuno disposto ad aprire le porte di casa propria e mettersi ai fornelli per un massimo di cinque persone.sala qking

Ha invece una vocazione etica, oltre che prettamente economica, I Food Share, piattaforma web creata qualche tempo fa da quattro ragazzi siciliani per scambiare il cibo in eccedenza o vicino alla scadenza che rischia di finire nell’immondizia. Per partecipare bisogna registrarsi gratuitamente come privato cittadino, azienda o associazione. Le offerte vengono pubblicate in automatico dal sistema e i potenziali beneficiari (singoli cittadini bisognosi, enti di assistenza, parrocchie e associazioni benefiche) possono iniziare a prelevarle.

L’ultima frontiera del social eating, infine, è quella che permette di “fare rete” in pausa pranzo, approfittando della condivisione di un panino o un’insalata per organizzare delle micro riunioni  attraverso le quali ampliare il proprio raggio di contatti lavorativi. La app, nata in America, si chiama LetsLunch, ed è stata definita “il Linkedin della pausa pranzo” : è sufficiente iscriversi, collegare i principali social network al proprio account e inserire posizione geografica e disponibilità. Al resto, ci pensa LetsLunch, che incrocia i dati dei vari utenti organizzando l’incontro.

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Il termine CORESTAURANT è parte di un marchio registrato e contraddistingue  location o ristoranti aperti al pubblico che offrono ai loro clienti la possibilità di cucinare come nel proprio “ristorante per un giorno”.

La gestione dell’uso del marchio Qking Corestaurant si ispira all’idea di social business  teorizzata dall’economista premio Nobel Muahammad Yunus: i locali (o location) che intendono utilizzare il format e il logo Corestaurant  si impegnano a  versare  tra il 3-5% dell’affitto a organizzazioni non governative che lottano contro la povertà in maniera efficace, efficiente e con bilanci trasparenti.

Per sapere di più, manda una email a info@corestaurant.it

 

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