A ciascuno il suo Natale. Soprattutto a tavola. Che ci sia la neve o il sole splendente, che si tratti di un Paese religioso o meno, il 25 dicembre si festeggia in (quasi) tutto il mondo. Ma ciascuno alla sua maniera.
Se per noi italiani, ad esempio, non esiste cenone o pranzo senza il panettone, dall’altra parte del mondo, il dolce tipico è a base di frutta e meringa
In Nuova Zelanda, Paese dove la tradizione natalizia inglese si è fusa con la cultura locale maori, il 25 dicembre si festeggia infatti mangiando la Pavlova Cake, una meringa farcita con kiwi (il frutto nazionale) e fragole, attorno al Pohutokawa addobbato, l’albero dai fiori viola che sostituisce il nostro abete.
In Spagna, invece, lo scambi dei regali è accompagnato dall’escudella i carn d’olla, una zuppa di verdura e carne, e dal Plvorones, un dolce tipico a base di limone, cocco e caffè.
La carne è la portata principale anche dei pranzi natalizi di Messico e Cuba. Nonostante le temperature estive, infatti, nel Centro America il 25 dicembre si festeggia con vere e proprie abbuffate di carne di maiale e boccali di birra. In Messico, poi, il pranzo è animato dalla rottura delle “pentolacce” che contengono dolciumi, frutta e canditi.
Niente carne, invece, nei paesi dell’Est. In Russia, ad esempio, il Natale è tutto a base di pesce: aringa e salmone affumicato, caviale rosso e nero, filetti di carpa. I dolci tradizionali sono i piroski, torte farcite con ricotta, uvetta, mele e frutti di bosco.
In Polonia, paese estremamente cattolico, la carne è bandita dal menù della Vigilia. E per sedersi a tavola è necessario aspettare l’apparire della prima stella in cielo. Solo allora i commensali possono scambiarsi gli auguri spezzando l’Oplatek, un’ostia decorata non consacrata, che viene poi divisa tra tutti gli ospiti e mangiata, come simbolo di unità familiare.
La tradizione vuole inoltre che la cena sia costituita da dodici portate, come gli apostoli. Piatto forte del cenone, l’aringa del Mar Baltico, lo Sledz.