Chef per un giorno: Gabriele Morandini

L’esperienza di un fiorentino che da quando ha messo piede per la prima volta in una cucina professionale, quattro anni fa, non ha più smesso di preparare pranzi e cene per gli amici. Fino a raggiungere quota 70 invitati.

Fiorentino, 36enne, responsabile di un ambulatorio di medicina estetica. Gabriele Morandini coltiva da sempre la passione per i fornelli. E, da qualche anno a questa parte, non perde occasione di vestire i panni dello chef e preparare una cena per gli amici.

La tua prima volta in una cucina professionale.

“Quattro anni fa, al Dulcamara di Firenze. Da allora non ho più perso un’occasione. La sfida più grande è stata preparare, da solo, una cena per settanta persone”.

  L’ingrediente che preferisci, e perché.

“Tutti, purché si tratti di cucinare un primo o un secondo. Non chiedetemi di preparare antipasti – mi annoiano terribilmente – o dolci: non mi piacciono, non riesco nemmeno a mangiarli. Per fortuna non sono un cuoco, posso scegliere”.

La cucina per te è come…

“La scultura”.

Quando hai scoperto i fornelli?

“La cucina ha sempre fatto parte di me: i miei parenti possedevano dei ristoranti. Le mie vacanze, da bambino, le passavo così: al mare di giorno e, la sera, a servire ai tavoli per le zie. Una cosa che oggi non si vede più fare”.

Quando ti chiedono “ma chi te lo fa fare” cosa rispondi?

“Che cucinare mi rilassa, mi fa stare bene. Può essere stancante fisicamente, ma per la mente è un toccasana. Poi non lo farei mai come mestiere: non perché non ne abbia voglia, ma perché quella dello chef è una vita faticosa, un sacrificio costante. Una vita che io, a 36 anni, non me la sento di cominciare”.

Da solo o in compagnia?

“Trovo stimolanti entrambe le situazioni. La prima è una sfida, la seconda anche, perché si tratta di costruire un bel gruppo di lavoro, che non è cosa da poco”.

Sogni di cucinare…

“Accanto a un grande chef, anzi a tanti: perché limitarsi? Da ognuno potrei imparare qualcosa, sarebbe sempre un’esperienza grandiosa”.

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