Anche senza arrivare all’eccesso patologico di un ansia invalidante di cucinare (chiamata Mageirocophobia), essere chiamati all’improvviso ad organizzare un pranzo importante puo’ fare paura. Ma il bello non e’ proprio anche questo? Facciamo il reblog di una storiella in cui per qualche aspetto ci possiamo anche rivedere.
Come forse i miei dieci lettori sapranno, il grande cerimoniere del pranzo natalizio è il mio diletto consorte, che, consultate le sue gastronomiche Bibbie e navigato su specifici siti web, predispone e quindi cucina una serie di piatti, ogni anno diversi e ogni anno apprezzati da quattordici commensali. Insomma, è oramai una tradizione ritrovarci per un convivio… che non segue la tradizione e per il quale c’è sempre una certa attesa, essendo nota l’abilità in cucina dello chef.
Sempre che l’imprevisto non ci metta lo zampino, come successe quella volta che…
23 dicembre 1998. Le lezioni, a scuola, erano terminate proprio quel giorno ed io stavo assaporando le prime ore di vacanza, tranquilla e contenta di non dovermi preoccupare di tutto quel che concerneva il pranzo natalizio. L’indomani mattina sarei andata dalla parrucchiera, poi mi sarei dedicata alle ultimissime spesucce ‘voluttuarie’ –tanto, alla spesa e al resto avrebbe pensato il consorte- e magari c’era pure il tempo per un caffè con una o l’altra amica. Ma i miei progetti andarono tutti a carte quarantotto, quando l’amato bene tornò a casa dall’ufficio, stanco, pallido e… febbricitante.
-Son malà – disse – e no so se sarò en grado de far el disnar de Nadal. Te tocherà sostituirme –
-CHI? IO?!!– il mio grido proruppe spontaneo, un misto tra sorpresa e spavento. –EL DISNAR DE NADAL???-
Sì, sostenne il consorte tra un colpo di tosse e l’altro. Sì, sarebbe stato compito mio, compresa la spesa, perché e la cognata Marina e mia sorella sarebbero state al lavoro fino a sera ed io ero la sola ad essere ‘libera’.
-E adesso cerchiamo un menu adatto a te- soggiunse il sofferente.
Già, qualcosa di facile, perché io in cucina non sono proprio una grande esperta. Perciò, via quei ravioli fatti in casa con il ripieno di cappone, via quel roast-beef all’inglese con salsa al vino rosso e men che meno quel filetto in crosta di pane, cancellate le nocette di coda di rospo con pomodori pachino in salsa di lenticchie e scordatevi lo sformato al cioccolato con pera cotta nel vino speziato…
-E se fosse di preparare un biscuit di torrone con salsa al cioccolato caldo?-
-MA SEI MATTO?? Se devo cucinare, ecco il menu: tagliatelle in crosta, che se fa prest… con la pasta sfoglia pronta, poi un vitello tonnato, che se l’ prepara el dì prima e per dolce, el paneton e el pandoro. Stop. Un po’ di insalatina, una verdurina di contorno e basta. E’ anche troppo per me!-
E così fu. Con una vigilia trascorsa… di corsa, con tempi scanditi, ore 7.50 davanti al salone della parrucchiera, per essere tra i primi, ore 9.00 al supermercato, ore 10.00 dal fruttivendolo e poi, nel pomeriggio, sotto lo sguardo preoccupato dell’infermo che si era trascinato fuori dal letto per seguire, consigliare, ammonire, la cottura del vitello tonnato e la preparazione della relativa salsa, e l’antipasto? Non vorrai fare un pranzo di Natale senza antipasto… E allora tira la pasta per un rotolo di verdura (pù fina, la pasta, no così grossa!) e cuoci il ripieno e poi corri di nuovo in centro perché, come spesso accade, mancava ancora qualche ingrediente e dopo cena a casa di mammà, da sola naturalmente e la mattina del 25 un’altra alzataccia e cucina questo e prepara quello…
Quindi, il ‘trasloco’ di pentole, stoviglie, piatti cucinati, piatti da cucinare e tutto quello che era necessario, a casa di mio fratello, dove, alle 13 precise, il rito del pranzo di famiglia poté avere inizio. 13 convitati attorno al grande tavolo, con l’indispensabile ‘aggiunta’ e con la cagnetta Schuma, a ‘fungere’ da quattordicesimo ospite, tanto per sfatare la superstizione. 13 convitati che mangiarono le varie pietanze, senza fare confronti con i menu più originali e curati degli anni precedenti.
Ma ci fu, comunque, una voce impertinente che, al momento di congedarmi, sempre con il mio ambaradam di tegami, stoviglie, ecc. ecc., stavolta ‘imballate’ verso casa, disse ‘e il prossimo anno, sarà meglio fargli fare il vaccino anti-influenzale, al Paolo…’.
Bella riconoscenza!!